“Dio è morto”

“Dio è morto”

di 13 Aprile 2024

Come per altri casi, quello che avete davanti a voi non è un vero e proprio articolo di attualità, è piuttosto una riflessione che scrissi quando ancora frequentavo le superiori e che ripropongo qui, fra un “amarcord” e l’altro, perché non bisogna mai abbassare la guardia, oggi più che mai. Riflettere su quello che è stato rappresenta l’unica possibilità per impedire che grandi tragedie si ripetano.

 

“Dio è morto”, così i Nomadi, famosi musicisti italiani, esprimevano il proprio disappunto verso una società corrotta e malata, che adesso ci chiama a raccolta per salvaguardare i nostri diritti: mai parole furono più appropriate. Lo spreco ed il consumismo hanno spinto l’uomo, mai sazio ed anzi avido, a rinnegare quei sacri ideali tanto cercati dai propri avi, muovendo inconsapevolmente l’impotente pedina sull’insanguinato tavolo di gioco. I numerosi e recenti attentati terroristici non hanno certo contribuito ad unire una popolazione già confusa e contrariata, che adesso risponde alle provocazioni con blasfeme vignette satiriche, aumentando l’idea che così facendo si difendano libertà di stampa e pensiero. È davvero giusto? Con quale diritto offendiamo le religioni altrui, se poi non rispettiamo neanche la nostra? È inaccettabile l’atteggiamento sanguinario dei fondamentalisti; le religioni non sono violente, è l’uomo a renderle tali! Nei Dieci Comandamenti non ci viene certo detto di condannare il “diverso” e le stesse Crociate hanno macchiato di sangue la Croce del Cristianesimo. Non saremo mai realmente liberi se non impareremo davvero a rispettarci, creando una società mondiale, in cui fedi e culture possano convivere mantenendo intatte usanze e tradizioni. Questa forse è un’utopia irrealizzabile, ma la nostra presunta libertà collettiva attuale, serve solamente ad indurci a credere ciò che fa comodo ai grandi imprenditori e politici senza scrupoli. La verità è spesso distorta e filtrata attentamente prima di giungere a noi perché un popolo ignorante è più facile da governare. In questo modo, razzismo e pregiudizi trovano terreno fertile in ogni Stato globalizzato e la nostra presunta superiorità ci invita a pavoneggiarci, dimenticando che, così facendo, le nostre libertà iniziano dove terminano quelle altrui. Si scherza su ricchi appariscenti, su calciatori scoordinati o divi imbranati. Anche la politica è lasciata in pasto alle satire, ma non possiamo assolutamente ritenerci liberi di bestemmiare come passatempo, divulgando vignette oscene sulle religioni di qualsiasi etnia. A quel punto saremmo noi i veri provocatori. C’è ancora chi pensa di essere libero offendendo ed insultando in nome di una presunta ideologia giusta, riportando alla mente la censura fascista, ma come si può pensare di vivere in un mondo equo se per sentirsi autonomi si deve sovrastare qualcun altro? La penna di uno scrittore è come la spada di un cavaliere. Dev’essere impugnata con saggezza, senza che venga ignorato quel tacito patto di sincerità e rispetto, segretamente stretto fra l’autore e il suo lettore. Coltiviamo cultura e conoscenza, apriamoci al mondo senza mai dimenticare chi davvero siamo, solo così potremo battere i fantasmi del passato.  L’unico rischio di queste analisi è soffermarsi troppo sull’apparenza, cadendo poi nella fossa oscura dell’intolleranza, da cui le satire sono uscite come apparentemente innocua arma di umiliazione mirata. Dobbiamo svegliarci e combattere: vogliamo vivere, non vegetare! Proprio per questo punto si è tentato di istruire la popolazione tramite campagne di sensibilizzazione, che hanno praticamente diviso ulteriormente la società fra i gruppi già citati di chi si sente libero per conto suo e chi invece spera nella pace e nella comprensione. Non c’è una posizione giusta o una sbagliata; l’importante è vedersi tutti come cittadini dello stesso meraviglioso Pianeta, perché c’è una sostanziosa differenza fra meritare di pensare e pensare di meritare. Non sarebbe comunque giusto condannare la satira a priori, questa infatti è stata sempre presente nella storia, come arma di denuncia nei confronti di una politica corrotta e centralizzata, che vedeva in questo particolare metodo di divulgazione un pericolo da eliminare o screditare. È forse proprio per questo motivo che molte persone vedono nelle drammatiche vicende di inizio 2015, un pretesto per fermare la satira ed ostacolare la libertà di espressione. È perciò giusto rispondere alle provocazioni con manifestazioni pacifiche perché la violenza alimenta altri conflitti e, come dice Papa Francesco “Da odio non può che nascere odio”, ma senza pensare che sia giusto offendere le religioni, facendo sì che la nostra libertà nasca dall’umiliazione altrui. Paradossalmente, l’uguaglianza nasce dal rispetto delle diversità; sarebbe sbagliato giudicarci tutti partendo da un unico punto di vista, come se commettessimo un anacronismo fra due epoche differenti. Il pregiudizio nasce, infatti, dall’ignoranza, nel senso etimologico del termine. Se tutti vivessimo insieme senza parlare, senza comunicare, potremmo dire di convivere, ma questo non gioverebbe certamente alla realizzazione della libertà e dell’integrazione. È normale avere opinioni differenti ed è contemplabile lo scontro, civile e costruttivo, in modo che questo possa evolversi in un più pacifico confronto per arricchire lo spirito di entrambe le parti. Bisogna combattere il silenzio ed educare all’empatia perché l’integrazione stessa è scambio ed arricchimento che non potranno realizzarsi se il contatto fra culture verrà escluso a priori. Proprio per queste ragioni dovremo lottare per non vanificare tutte le libertà dolorosamente sottratteci negli anni bui della storia e faticosamente riconquistate. Stampa controllata, censura politica, per non regredire nuovamente dovremo renderci liberi senza offendere nessuno. Non abbiate timore di provare ed osate, ricercate l’incontro e, perché no, lo scontro di opinioni; ricordate che solo chi osa può fallire, chi si vanta di non aver mai fallito, non ha mai osato. Propongo, dunque, di riflettere sui temi trattati pretendendo, con rispetto e fervore, la nostra libertà, mentre appagati contempliamo la fine di quella stupenda canzone citata all’inizio del testo: “Dio è risorto”.

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About the Author: Alessandro Tassinari

Alessandro nasce a Forlì il 21 settembre del 1998. Ha partecipato a diversi Concorsi Letterari ottenendo più di ottanta premi e riconoscimenti (tra primi posti e menzioni di merito); suoi componimenti sono presenti in diverse antologie e siti d’impronta culturale. Nel 2015 partecipa ad una mostra forlivese, dedicata alla creatività adolescenziale. Partecipa come comparsa alla docu-fiction “Morgagni oggi; sua maestà anatomica” (di Cristiano Barbarossa). Realizza le illustrazioni per il fantasy “L’ombra di Lyamnay” (Annarita Faggioni), per poi firmare le introduzioni alla raccolta poetica “Respiro di vita” (Melissa Storchi) e a “Dieci Dodici” (Umberto Pasqui). Nel 2016 riceve il premio “Naim Araidi” per la poesia giovane. L’anno seguente partecipa come giurato al concorso “Aspettando il Natale”. Vince una borsa di studio per merito presso l’Università di Bologna ed un’altra istituita dal Comune di Cervia in memoria di Gino Pilandri, storico sindaco della città romagnola. Presso l’Università di Bologna consegue in tutto tre lauree: in Lettere, Italianistica e Geografia.

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