La notte delle stelle

La notte delle stelle

di 13 Aprile 2024

Un racconto “già visto”, a cui tengo molto…

L’inconfondibile malinconia che da sempre accompagna l’uomo spinge questi a chiedersi quali possano realmente essere le proprie origini. S’appiattivano inermi sulla sabbia spoglia i sogni, le speranze, mentre s’infrangevano gravose sugli scogli le irriverenti onde dell’Adriatico. A lato di carcasse d’alberi divorate dal mare, un’allegra combriccola di bambini giocherellava festosa sotto gli assopiti occhi dei rari passanti, cui la vista veniva spesso offuscata da una travolgente ondata di ricordi nebbiosi. L’inebriante essenza di quel Paradiso incompreso cullava i pochi fortunati turisti. Quando ormai la giornaliera ora del sole era giunta poche stelle solitarie attendevano impazienti che la pallida luna si mostrasse in tutto il suo splendore. Le lungimiranti lucciole del cielo offuscavano il già sbiadito rossore del tramonto sull’orizzonte, mentre l’apocalisse cominciava. Impietrito come un albero, anima vuota smarrita nell’intollerante perfezione dell’infinito, un tacito uomo puntava caparbiamente il cielo. Il suo brinato sguardo narrava di sofferenze immani, rimpianti e dolori segretamente custoditi nel macabro scrigno dei ricordi. Re martirizzato sul suo trono caduto, temporeggiava immobile quasi costretto in quella posizione. L’irriverente progressione di quel silenzioso tormento lo spinse infine ad allontanarsi lentamente, mentre una velenosa brezza indugiava sui suoi dolori con una melodia malinconica e poco rassicurante. La barba bianca scolpita sul viso, simmetriche rughe sugli occhi socchiusi; il peso dell’abbandono gravava sul vecchio che alzò i tacchi dirigendosi verso la propria auto. Convivere col fardello dell’epoca nazista ormai vissuta è impresa ardua ed ammirevole, ancor più se i genitori abbandonano il figlio durante la guerra. Era la calda estate del 1943 quando un ragazzino ignaro, il più giovane dei fratelli, tornava dal campo in cui usava girare. Al ritorno, però, la sua famiglia era sparita e lui non aveva più trovato il coraggio di rientrare a casa propria, fino ad ora… Un cristiano in una famiglia di ebrei… considerato talmente inferiore da non esser nemmeno ritenuto degno di professare la stessa religione dei familiari? La verità sembrava troppo dura per lui. Per la campagna riecheggiava possente il fervore dell’estate, qualche pipistrello abbozzava una prima passeggiata notturna, mentre rari gatti attraversavano la strada senza preavviso. Imbrattata da rampicanti senza compassione, s’ergeva solitaria una rustica casa abbandonata, immutato scrigno d’un’epoca giunta al capolinea. Rallentò ed accostò lungo la strada il viaggiatore stanco che da sempre mentiva a se stesso, sì, perché non poteva aver realmente dimenticato il silenzio dei suoi amici, ancor più delle parole dei nemici; ne era prova l’abbandono consapevole di quella casa. Basta poco per amare, ma ci vuole una vita per dimenticare. Si fece spazio fra “erbaioni” incolti, usurpatori ingiusti di un territorio privatamente vuoto. Non furon clementi neanche i venti e i temporali che avevano devastato il tetto con il loro furioso pianto.  Finalmente balzarono agli occhi l’entrata e quella porta che di stanchezza si muoveva, ma era solo un gioco del subconscio. Il portone si aprì in un crepitio sinistro e per un attimo l’uomo temette che gli sarebbe caduto addosso; entrò. Sul tavolo un mattarello, la lana della nonna sulla sedia, era tutto come se lo ricordava, c’erano persino i vestiti negli attaccapanni, ma perché ricominciare da zero senza portare nulla con sé? Mentre si malediceva per essere tornato in quella casa, gli occhi in lacrime del vecchio si posarono stanchi su un pezzo di carta piegato sul divano. “A Walter” riportava. Si stava facendo piuttosto buio, ma per fortuna Walter portava sempre una torcia con sé e, dopo essersi messo gli occhiali da vista, poté leggere.

“Caro Walter,

è ormai da tempo che i nazisti ci mettono pressione; ho sfruttato la mia amicizia con un notaio (Ernesto, ricordi?) per lasciare a te tutto quello che possediamo. Ti prego, non pensare che ti stiamo abbandonando, ti vogliamo bene e ti saremo sempre vicini; almeno per te desideriamo solo il meglio. Se stai leggendo questo mio messaggio, probabilmente non ci rivedremo più, ma questo non è un addio, bensì un arrivederci.”

Non ci si accorge del valore di qualcosa finché non la si perde e solo in quel momento Walter capì quanto i suoi genitori avevano fatto per lui. Decidere di battezzare il figlio fu forse l’unica scelta di cui non si pentirono mai. Come aveva fatto a non capirlo prima? Era mancata la saggezza, che tanti anni di vita non gli avevano concesso o era stato forse il rancore ad offuscare la sua vista? Subito giunse il rimpianto per aver sprecato un’esistenza per cui tanto, chi gli voleva bene, aveva faticato a concedergli. Colui che rinnega il suo passato muore due volte, Walter lo sapeva, ma aveva comunque tentato di comprendere il comportamento degli altri senza prima conoscere se stesso. D’istinto corse fuori, veloce quanto l’età gli permetteva, sperando che la fine del mondo continuasse ancora. Un abile vento serale lo colse di sorpresa riportando alla mente le pesche succose che si divertiva a rubare da bambino. Ochette in lontananza starnazzavano ricordandogli come anche lui e la sua famiglia non se la cavassero affatto male con gli animali. Intanto le tanto ammirate stelle continuavano a cadere e Walter colse l’occasione:

“San Lorenzo, San Lorenzo, ascolta la mia preghiera: mamma, babbo, desidero rivedervi presto.”

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About the Author: Alessandro Tassinari

Alessandro nasce a Forlì il 21 settembre del 1998. Ha partecipato a diversi Concorsi Letterari ottenendo più di ottanta premi e riconoscimenti (tra primi posti e menzioni di merito); suoi componimenti sono presenti in diverse antologie e siti d’impronta culturale. Nel 2015 partecipa ad una mostra forlivese, dedicata alla creatività adolescenziale. Partecipa come comparsa alla docu-fiction “Morgagni oggi; sua maestà anatomica” (di Cristiano Barbarossa). Realizza le illustrazioni per il fantasy “L’ombra di Lyamnay” (Annarita Faggioni), per poi firmare le introduzioni alla raccolta poetica “Respiro di vita” (Melissa Storchi) e a “Dieci Dodici” (Umberto Pasqui). Nel 2016 riceve il premio “Naim Araidi” per la poesia giovane. L’anno seguente partecipa come giurato al concorso “Aspettando il Natale”. Vince una borsa di studio per merito presso l’Università di Bologna ed un’altra istituita dal Comune di Cervia in memoria di Gino Pilandri, storico sindaco della città romagnola. Presso l’Università di Bologna consegue in tutto tre lauree: in Lettere, Italianistica e Geografia.

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