27 Gennaio, Giornata della Memoria: parole e poesia per non dimenticare
27 Gennaio, Giornata della Memoria: parole e poesia per non dimenticare
GIUDIZIO DIVINO
Il sibilo di una bomba
sostituisce il gallo, afflitto,
scossato, tormentato
da un mondo
che non gli appartiene.
Inizia così una giornata
in cui tutto sembra buio,
sperando forse di morire.
Sì, perché, a volte,
la morte corporale
è l’unico modo che ci consente
di fuggire dal Male eterno
della guerra.
Ed è proprio quando
a bussare alla porta
è il tuo vicino ferito,
o il tuo amico morente,
che decidi di fare qualcosa,
qualunque cosa per fermare
l’Inferno.
Ti arruoli in milizie di soldati
che lottano per il Bene,
anche se la linea di confine
fra Paradiso e Purgatorio
è tanto sottile da confondersi
al nebbioso orizzonte.
Tutti pensano di far Bene,
tu lo speri,
e preghi affinché il tuo Spirito
non subisca la morte dell’Anima,
la peggior pena eterna,
solamente per aver tentato
di fare la cosa Giusta…
AUSCHWITZ
Cenere densa
su cuori di pietra,
rantoli di buio
su anime esauste,
nevicata estiva.
25 APRILE SULL’ASSE ROMA-BERLINO
Binari ingiusti
morti di umili rottami
figli d’un demone maledetto
che ha lacerato innocenti
martiri di guerra.
Sulla tratta stanca
una crociata dimenticata
una barbarie di sgomento
una frenesia di sangue
per un corpulento
vortice di sputi.
Burattinai sfasciacarrozze
complici di silenzio
il capotreno fischia il disonore
che uccide involontari colpevoli
del famelico mattatoio
che vive di morte
e muore di vita
dall’ultimo viaggio
alla liberazione.
L’ULTIMA FRONTIERA
In un rosso campo dapprima
solo d’amorevoli grida macchiato,
una bandiera issata
ed un’oscena razza mai così in basso.
Non più ideali guidano
il tortuoso umano cammino,
è posto un fossato a dividerci
da quelli che una volta
erano amici, fratelli;
oggi sono solo pedine,
vittime sacrificali che scontano
ignare le pene per l’ingordigia
dei loro padroni.
Vagante in un morboso
cimitero di gelati amori,
appassisco al repentino sfiorire
d’anime d’eterno vinte.
Con la coscienza sporca
quanto il sangue
sulle tue logore vesti,
speri anche tu di sopravvivere,
ma vivo più non sei.
E’ la consapevolezza che rende
così amaro il dolore,
perché l’unico a non soffrire
è colui che chiude gli occhi
dinanzi a tanto orrore,
la distanza è solo apparenza.
Non più papaveri ad inebriare i campi,
acre, pungente, un odore saturo di rammarico
pervade le mie dolenti spoglie.
Fra invisibili soldati,
sempre più innocenti s’involano
nell’Infinito azzurro; è il ricordo
d’un gracile bimbo con una granata
più doloroso delle torture patite.
Continuano in patria i reduci
la loro battaglia.
Quella Mietitrice a cui scampasti
continua decisa l’inseguimento,
rendendo eterna la tua vana fuga.
Il male riprende da dove
inetti superficiali lo credono concluso,
perché quel confine
che vegetando oltrepassi
è ancora più concreto del nulla finale;
non sarà la morte ad ucciderti,
ma quell’ultima lacrimata frontiera
che concedendoti di tornare
ti condanna ad una vita vuota
a cui solo una grigia lapide
porterà il refrigerio della consolazione.
Tu sei vivo ed io no;
io sono morto e tu no.
BOLLE DI SAPONE
Siamo bolle di sapone
precariamente avvolte
da una sfera di vetro
su cui tutto scivola
e nulla è amato.
Tutte le poesie sono di @aletasso21
© RIPRODUZIONE RISERVATA
About the Author: Alessandro Tassinari
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