Nuova Champions League: rivoluzione sostenibile o semplice business?
Nuova Champions League: rivoluzione sostenibile o semplice business?
Il format inedito delle Nuove Coppe Europee tra aspettative, dubbi e prime impressioni: un bilancio provvisorio
Dopo le tante pubblicità “piratesche” di Sky, che ha lasciato la Formula 1 orfana dell’ormai leggendaria Federica Masolin per aumentare a dismisura l’hype sulla nuova Champions League, è finalmente arrivato il momento di vivere questa nuova stagione di coppe europee.
Il cambiamento è totale: la classica fase a gironi è stata abolita per fare spazio a una classifica unica in stile campionato. Ogni squadra gioca otto partite contro avversari diversi, senza match di ritorno, e le migliori otto accedono direttamente agli ottavi di finale. Le squadre classificate tra il 9° e il 24° posto, invece, si sfidano in un turno di spareggio per accedere alla fase a eliminazione diretta. Un cambiamento epocale che aumenta il numero di partite e ridisegna la competizione.
Più spettacolo o solo più soldi?
Meglio o peggio? Difficile dirlo senza capire quali fossero i veri obiettivi di questo format. La nuova Champions è nata anche come risposta all’idea della famigerata Superlega (di “agnelliana” memoria), che ogni tanto torna alla ribalta. L’unica certezza assoluta è che si giocheranno più partite tra fase iniziale e playoff, il che significa più diritti TV e più introiti. Ma più partite equivale anche a più spettacolo? Non è detto.
Se il fine ultimo era quello di rendere la competizione più aperta ed equilibrata, qualche dubbio rimane. Il nuovo format è pensato per dare più spazio a tutti o per favorire economicamente i club più forti? Alcuni sostengono che il nuovo modello aiuti le squadre meno potenti, ma se così fosse si sarebbe potuto garantire un accesso diretto più ampio ai club campioni dei campionati cosiddetti minori. Invece, molte di queste squadre si perdono ancora tra mille preliminari, mentre l’Italia porta cinque club, con il Bologna che chiude al 28° posto su 36 e resta fuori da tutto. Nel frattempo, Club Brugge, Brest e Celtic si sono invece qualificate ai playoff.
Le squadre qualificate: cosa cambia davvero?
Se si guarda ai risultati, viene da chiedersi quanto sia realmente rivoluzionaria questa Champions. Lo scorso anno hanno chiuso al primo posto nei gironi Bayern Monaco, Arsenal, Real Madrid, Real Sociedad, Atletico Madrid, Borussia Dortmund, Manchester City e Barcellona. Al secondo posto, invece, si sono qualificati Copenaghen, PSV, Napoli, Inter, Lazio, PSG, Lipsia e Porto.
Quest’anno, tra le prime otto già qualificate, troviamo Liverpool, Barcellona, Arsenal, Inter, Atletico Madrid, Bayer Leverkusen, Lille e Aston Villa. Prima dei PlayOff, Quattro squadre su otto erano già le stesse dello scorso anno. Ma non è tutto: dopo i PlayOff, agli Ottavi di Champions League 9 squadre su 16 sono le stesse dello scorso anno (a quelle elencate poc’anzi si aggiungono Bayern, Dortmund, Real Madrid, PSG e PSV).
Il cambiamento, quindi, non sembra così radicale. Certo, il calendario e gli incroci giocano un ruolo fondamentale, ma solo il tempo dirà se le squadre “piccole” avranno realmente più possibilità di competere. Per ora, rimaniamo scettici per quanto riguarda questo punto dell’analisi. Quindi è tutto da buttare? No, non certo tutto.
Le cose da salvare
Tra le “Cose da salvare” di cui canta un noto artista romano, dunque, cosa siamo andati ad inserire? Sicuramente la varietà. Infatti, malgrado permangano (come era ipotizzabile che fosse) alcuni incroci più probabili di altri a causa dei diritti televisivi globali, il movimento creato dall’eliminazione della doppia partita (andata e ritorno) contro lo stesso club ha certamente aumentato imprevedibilità e spettacolo.
Dal punto di vista delle “piccole”, si tenta di evitare una doppia “perdita di punti” nei match più tosti, mentre dall’altra parte è vero anche che questo è migliore anche dal punto di vista del tifoso. Più varietà, appunto, più diversità di manovra e più novità. In tale senso, rivoluzione promossa, in Champions, ma anche in Europa e Conference.
Il giudizio finale: tutti rimandati?
Chi scrive è combattuto, ama l’idea di una classifica, ma al tempo stesso non ama l’idea di una classifica così lunga per così poche giornate: un singolo risultato può farti passare dalle stelle alle stalle, il che è positivo per lo spettacolo, ma il calcio non è solo show. La Formula 1, sempre più senz’anima, ne sa qualcosa. Promossa, come detto, la varietà di calendario, che non costringe lo spettatore a seguire la propria squadra contro i soliti tre team fra casa e trasferta (e non costringe, magari, a due “sconfitte matematiche” contro lo stesso club). In questo particolare il cambiamento è sicuramente apprezzato.
Date anche le premesse di cui sopra, la nuova Champions è, per ora, solo parzialmente promossa. Più partite e nuove dinamiche possono essere interessanti, ma il format non ha ancora dimostrato di valere il proverbiale prezzo del biglietto (o, meglio, dell’abbonamento). O meglio, possiamo forse dire che non consideriamo promosse le novità che sono state sbandierate come dogma assoluto. In breve: positiva la rivoluzione dello spettacolo, molto meno apprezzata invece la presunta possibilità di vedere più sorprese agli Ottavi.
Tuttavia, spero di essere smentito da qualche impresa romantica, di quelle che fanno davvero la storia del calcio, attraversando il tempo e lo spazio, fino a sopravvivere per sempre nella memoria di ogni tifoso. Come sempre, infatti, soltanto il tempo e il campo potranno dare il loro (inappellabile) giudizio finale.
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About the Author: Alessandro Tassinari
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