25 Aprile sempre: parole resistenti, ancora attuali

25 Aprile sempre: parole resistenti, ancora attuali

di 25 Aprile 2025

È incredibile come, rileggendo oggi alcune mie poesie scritte più di dieci anni fa — alcune anche premiate in concorsi letterari — le senta ancora così vive, così attuali.

In questa giornata così importante, il 25 aprile, ho deciso di ricondividerle. Non solo come atto personale di memoria, ma come gesto pubblico di resistenza e presenza. Perché quelle parole scritte allora parlavano di guerra, di ingiustizia, di disumanità… e oggi, purtroppo, parlano ancora della stessa cosa.
Solo con altre guerre in più, con nuovi esili, nuovi silenzi, nuovi bambini feriti.

E mentre si cerca di vietare persino di manifestare, di esserci, di cantare “Bella Ciao”, noi rispondiamo come possiamo: con la nostra voce, con la nostra libertà.
Perché scrivere è resistere. Ricordare è già lotta.

25 aprile sempre.
Oggi più che mai.


25 Aprile sempre: parole resistenti, ancora attuali

MEZIREH

Evade dal torpore estivo

l’esule solitudine del giorno,

si appropria di confini artificiali

che tinsero di rossa omertà

il complice disinteresse popolare.

Fra il disprezzante lassismo risiede

l’obnubilata reminiscenza del male.

Divorato da quelle grigie

giornate di totale mancanza,

all’evidenza si oppone

un eremita negazionista.

Coglie dall’arido suolo

il flebile lamento d’una margherita.

L’uomo malvagio può mentire,

il benevolo fiore no.

Riaffiora la pesantezza

delle nostre dimenticanze,

grava sul languido stelo

deportato anch’esso dalla natia terra.

I suoi petali sfioriscono

all’infuriare della noncuranza

abbandonandosi a quel vento sovrano

che misericordioso narrerà

una storia di cui oggi nessuno

vuole sentire parlare.

 


IRAQ

Desolato

piange

solitudine.

 


ASHAR HA FAME

L’umanità allontanatasi

dalla disperazione

del dannato,

temeva l’ossessiva

ricerca di quell’uomo.

Il suo vagabondare

tra i rifiuti sudici

non poteva incentivare

la sua gloriosa rivalsa.

Quella società bugiarda

che solo metaforicamente

lo aveva accolto

non poteva accettare

una simile condotta.

La comprensione

divenne presto disprezzo;

al riecheggiare di leader

senza dignità e morale

il canto dell’emarginato

si fa singulto

ed è sotto le temibili

ventate dell’inverno

che il loro ricordo

si disperde.

Fuggiva dalla guerra

Ashar, ormai vittima

dei dolorosi soprusi

che l’indifferenza umana

destinó lui.

 


L’ULTIMA FRONTIERA

In un rosso campo dapprima

solo d’amorevoli grida macchiato,

una bandiera issata

ed un’oscena razza mai così in basso.

Non più ideali guidano

il tortuoso umano cammino,

è posto un fossato a dividerci

da quelli che una volta

erano amici, fratelli;

oggi sono solo pedine,

vittime sacrificali che scontano

ignare le pene per l’ingordigia

dei loro padroni.

Vagante in un morboso

cimitero di gelati amori,

appassisco al repentino sfiorire

d’anime d’eterno vinte.

Con la coscienza sporca

quanto il sangue

sulle tue logore vesti,

speri anche tu di sopravvivere,

ma vivo più non sei.

E’ la consapevolezza che rende

così amaro il dolore,

perché l’unico a non soffrire

è colui che chiude gli occhi

dinanzi a tanto orrore,

la distanza è solo apparenza.

Non più papaveri ad inebriare i campi,

acre, pungente, un odore saturo di rammarico

pervade le mie dolenti spoglie.

Fra invisibili soldati,

sempre più innocenti s’involano

nell’Infinito azzurro; è il ricordo

d’un gracile bimbo con una granata

più doloroso delle torture patite.

Continuano in patria i reduci

la loro battaglia.

Quella Mietitrice a cui scampasti

continua decisa l’inseguimento,

rendendo eterna la tua vana fuga.

Il male riprende da dove

inetti superficiali lo credono concluso,

perché quel confine

che vegetando oltrepassi

è ancora più concreto del nulla finale;

non sarà la morte ad ucciderti,

ma quell’ultima lacrimata frontiera

che concedendoti di tornare

ti condanna ad una vita vuota

a cui solo una grigia lapide

porterà il refrigerio della consolazione.

Tu sei vivo ed io no;

io sono morto e tu no.

 


AI BAMBINI PALESTINESI

Contro l’ingordigia dei popoli,

o meglio sua muta alleata,

una spinta di radicato estremismo

che uccide il cosmopolita

e condanna l’accoglienza.

In questo mondo di massificazioni,

omologazione e rastrellamenti

nessuno piange i bambini

rapiti da onde xenofobe

conflitti di stato senza bandiere

voracità di mille bugie

disinteressi sfondati nel ventre

vuote ideologie senza ritegno.

Decapitata la maschera

dell’accoglienza antica,

l’unico interesse vagheggiato

è l’ironico pettegolezzo dell’omertà.

E noi, con la nostra

radicata indifferenza,

assecondiamo la vuota

propaganda elettorale

di qualche pseudo-politico

cui nemmeno si riserva

alcuna elaborata critica

per loro dimostrata incompetenza.

Vinti da un odio razziale

siamo inguaribili diffidenti,

bravi nel dispensare colpe

che non vogliamo avere

sulla nostra coscienza.

I bambini non hanno alcuna colpa,

loro non vivono la guerra nella testa,

non hanno interessi a speculare

mentre laggiù non hanno niente,

laggiù dove il conflitto travolge

tutto come una slavina di corpi

mutilati da granate e dipinti

del sangue di qualche ferito,

segnati nell’anima dal grido

di qualche anima in punto

di morte in punto di morte.

Che questo nuovo anno

sia quella fenice di solidarietà

di cui il nostro paese

il nostro paese e il nostro mondo

ha sì bisogno.

 

 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

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About the Author: Alessandro Tassinari

Alessandro nasce a Forlì il 21 settembre del 1998. Ha partecipato a diversi Concorsi Letterari ottenendo più di ottanta premi e riconoscimenti (tra primi posti e menzioni di merito); suoi componimenti sono presenti in diverse antologie e siti d’impronta culturale. Nel 2015 partecipa ad una mostra forlivese, dedicata alla creatività adolescenziale. Partecipa come comparsa alla docu-fiction “Morgagni oggi; sua maestà anatomica” (di Cristiano Barbarossa). Realizza le illustrazioni per il fantasy “L’ombra di Lyamnay” (Annarita Faggioni), per poi firmare le introduzioni alla raccolta poetica “Respiro di vita” (Melissa Storchi) e a “Dieci Dodici” (Umberto Pasqui). Nel 2016 riceve il premio “Naim Araidi” per la poesia giovane. L’anno seguente partecipa come giurato al concorso “Aspettando il Natale”. Vince una borsa di studio per merito presso l’Università di Bologna ed un’altra istituita dal Comune di Cervia in memoria di Gino Pilandri, storico sindaco della città romagnola. Presso l’Università di Bologna consegue in tutto tre lauree: in Lettere, Italianistica e Geografia.

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